IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  862/1986
 proposto  dalla  signora  Belgiorno  Maria  Gabriella rappresentata e
 difesa dagli avvocati Michele  Pallottino  e  Antonio  Campagnola  ed
 elettivamente  domiciliata  presso gli stessi in Roma, via Oslavia n.
 14,  contro  il  Ministero  della  pubblica  istruzione  (attualmente
 Ministero    dell'universita'   e   della   ricerca   scientifica   e
 tecnologica), in  persona  del  Ministro  pro-tempore,  il  Consiglio
 universitario  nazionale,  in  persona  del  presidente in carica, la
 commissione giudicatrice  per  la  seconda  tornata  dei  giudizi  di
 idoneita'  a  professore associato raggruppamento disciplinare n. 10,
 in persona del presidente della commissione in  carica,  costituitisi
 in  giudizio,  rappresentati  e difesi dall'avvocatura generale dello
 Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n.
 12,  per  l'annullamento  del  decreto  ministeriale  della  pubblica
 istruzione  di  data  e  numero  non  cogniti  con il quale risultano
 esssere stati approvati gli atti della commissione  giudicatrice  per
 la  seconda  tornata  dei giudizi di idoneita' a professore associato
 nel raggruppamento disciplinare  n.  010  (diritto  ecclesiastico)  e
 risulta,  per conseguenza, essere stato confermato il giudizio di non
 idoneita' della ricorrente espresso dalla Commissione; di  tutti  gli
 atti   comunque  connessi  e  percio'  del  giudizio  espresso  dalla
 Commissione stessa in data non cognita, nonche' degli  atti  ad  esso
 relativi  non  esclusa  la  comunicazione  prot. n. 34/010-315 del 31
 gennaio 1986 della direzione generale per l'istruzione  universitaria
 attraverso  la  quale  si  e'  conosciuta  l'esistenza dell'impugnato
 provvedimento; di ogni altro  atto  infine  comunque  ricollegato  ai
 provvedimenti impugnati;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza del 21 novembre 1990 il consigliere
 Giancarlo Tavarnelli e uditi,  altresi',  l'avv.  Pallottino  per  la
 ricorrente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    La  dott.ssa  Maria  Gabriella  Belgiorno ha impugnato il giudizio
 negativo espresso  nei  suoi  confronti  nella  seconda  tornata  dei
 giudizi  di idoneita' a professore associato per il raggruppamento di
 discipline n. 10 (Diritto ecclesiastico).
    A sostegno del ricorso vengono dedotti i seguenti motivi:
      1) eccesso di potere per difetto assoluto della  motivazione  in
 quanto  il  diniego,  nella  forma  e  con  le  modalita'  comunicate
 attraverso la nota ministeriale,  risulterebbe  del  tutto  privo  di
 motivazione;
      2)  violazione  degli  artt.  50 e 51 del decreto del Presidente
 della Repubblica n. 382/1980 e eccesso di potere per errore e difetto
 dei   presupposti,   illogicita',    difetto    della    motivazione,
 vessatorieta'  in  quanto la ricorrente rileva che in ordine alla sua
 attivita'  didattica  si  sono  espresse  in  termini  favorevoli  le
 Universita'  di  Roma  (I  e  II) e la commissione giudicatrice della
 prima tornata e in ordine all'aspetto scientifico va sottolineato che
 in aggiunta alle 12 pubblicazioni presentate in occasione della prima
 tornata ne ha compilato altre  due,  di  cui  una  di  non  opinabile
 carattere monografico, attenendosi ai suggerimenti e alle indicazioni
 della commissione giudicatrice della prima tornata;
      3)  violazione  per errata e falsa applicazione degli artt. 50 e
 51 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  382/1980,  oltre
 all'eccesso   di  potere  e  difetto  dei  presupposti,  illogicita',
 confusione, incertezza in  quanto  la  Commissione  giudicatrice  non
 avrebbe  tenuto  conto che i criteri di legge ai fini del giudizio di
 idoneita' sono del tutto distinti da quelli validi per prove similari
 come quella a professore ordinario, ove ben diverso e'  il  peso  che
 debbono assumere i titoli scientifici.
    Con atto successivo, depositato il 1º dicembre 1986, la ricorrente
 ha proposto i seguenti motivi aggiunti:
      1)  violazione  del principio fondamentale di contestualita' del
 compimento delle operazioni concorsuali e della loro  verbalizzazione
 e  relativa  sottoscrizione  e  convalida in quanto il verbale del 12
 ottobre e' stato letto,  convalidato  e  sottoscritto  il  successivo
 giorno 13 ad opera di solo due dei tre componenti la commissione;
      2)  violazione  delle  norme  regolatrici  del  concorso  e  dei
 principi  vigenti   in   materia,   in   particolare   quelli   della
 collegialita'  e  contestualita'  delle  operazioni di giudizio delle
 commissioni e l'altro che vuole che un collegio puo' operare solo  se
 composto  da  almeno  tre  elementi  e  che i collegi giudicanti sono
 sempre collegi perfetti, in quanto il fatto che  il  prof.  Mirabelli
 (nuovo  membro della commissione) abbia "preso visione" delle domande
 dei candidati non varrebbe a sanare la mancata valutazione collegiale
 di quelle domande;
      3) eccesso di potere per illogicita', difetto della motivazione,
 confusione in quanto i lavori scientifici che la prima commissione ha
 ritenuto ad un passo dal giudizio di idoneita' sono divenuti, per  la
 Commissione   di   seconda   tornata   "nel   complesso   scarsamente
 significativi". Quest'ultima Commissione,  inoltre,  non  fa  neppure
 cenno alla valutazione e ai suggerimenti espressi dalla prima;
      4) eccesso di potere per difetto di motivazione in unione con la
 violazione della disposizione dell'art. 51 del decreto del Presidente
 della  Repubblica  n. 382/1980 nel testo modificato dall'art. 1 della
 legge 13 agosto 1984, n. 478, in  quanto  il  Ministero  non  avrebbe
 indicato  le ragioni che hanno condotto all'approvazione parziale dei
 risultati dei lavori della commissione.
    Con ulteriore atto, depositato l'8 luglio 1988, la  ricorrente  ha
 formulato  il  seguente  motivo aggiunto: violazione dell'art. 13 del
 decreto del Presidente della Repubblica n. 382/1980 in  quanto  negli
 elenchi  formati  ai  fini di addivenire alla scelta dei membri della
 Commissione giudicatrice per la seconda tornata dei giudizi e'  stato
 ammesso   all'elettorato  passivo  un  docente  (il  prof.  Guerzoni)
 collocato  d'ufficio  in  aspettativa  in  considerazione  della  sua
 elezione a membro del Parlamento nonche' eccesso di potere poiche' in
 altre  ipotesi  si sarebbe correttamente proceduto all'esclusione dei
 membri incompatibili (prof. Fumagalli Carulli).
    Con successiva  memoria  la  ricorrente  ha  ribadito  le  proprie
 argomentazioni e conclusioni.
    Si  e'  costituita  in  giudizio  l'avvocatura dello Stato, che ha
 controdedotto alle censure proposte con il ricorso  e  con  i  motivi
 aggiunti.
                             D I R I T T O
    Il  giudizio  ha  per  oggetto  il  giudizio  di  non  idoneita' a
 professore associato per il raggruppamento 10 (diritto ecclesiastico)
 formulato nella seconda tornata nei confronti della ricorrente.
    Ha carattere pregiudiziale il motivo aggiunto inteso a  contestare
 la  legittimita' del decreto ministeriale 8 maggio 1984, con il quale
 e' stata nominata la commissione giudicatrice.
    Sostiene la ricorrente che l'ammissione all'elettorato passivo del
 prof.  Luciano  Guerzoni,   allora   in   aspettativa   per   mandato
 parlamentare,  e'  avvenuta  in contrasto con l'art. 13, primo comma,
 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
    In concreto l'indebita inclusione del prof. Guerzoni nel  tabulato
 ministeriale  del  28 febbraio 1984 relativo al cit. ragruppamento n.
 10 (Diritto ecclesiastico) avrebbe alterato il  corretto  svolgimento
 delle  successive elezioni, donde l'illegittimita' della composizione
 della  Commissione  giudicatrice,  che  travolgerebbe   il   giudizio
 successivamente espresso nei confronti della ricorrente.
    L'avvocatura  dello  Stato  oppone che la censura risulta superata
 dall'art. 1 della legge 5 agosto 1988, n. 341,  il  quale,  sotto  il
 titolo  "interpretazione  autentica",  ha disposto che: "I professori
 universitari collocati in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'art.
 13 del decreto del Presidente della Repubblica  11  luglio  1980,  n.
 382, conservano l'elettorato attivo e passivo per la formazione delle
 commissioni  giudicatrici  per  i  giudizi  di idoneita' a professore
 associato  e  delle  commissioni  giudicatrici   dei   concorsi   per
 professore  universitario  o  associato nei casi in cui le operazioni
 per la formazione della commissione siano iniziate prima dell'entrata
 in vigore dell'art. 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705,  anche  se
 la   conclusione   delle  operazioni  anzidette  e  la  nomina  della
 commissione siano avvenute successivamente".
    L'assunto dell'avvocatura va condiviso  poiche'  nella  specie  il
 procedimento  di  nomina, avendo preso avvio il 1º marzo 1984, con il
 sorteggio dei docenti eleggibili, rientra nella sfera  di  previsione
 dell'intervento di interpretazione autentica.
    Tuttavia il cit. art. 1 della legge n. 341/1988 appare al collegio
 di  dubbia  legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 3,
 24, 102, 104 e 108 della Costituzione.
    La questione e' rilevante poiche', se la norma  venisse  caducata,
 la  censura,  alla  luce  del disposto dell'art. 13, primo comma, del
 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  382/1980,  risulterebbe
 fondata,  come  la giurisprudenza ha ripetutamente ritenuto (Cons. di
 Stato, sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178; t.a.r. Lazio, sezione
 prima, 11 dicembre 1987, n. 1960; 9 febbraio 1987, n. 268).
    E' determinante,  in  tal  senso,  il  rilievo  che  l'aspettativa
 comporta  la  sospensione  di tutte le funzioni connesse all'ufficio,
 fatta  eccezione  per  quelle  espressamente  consentite  e  fra   le
 attivita' indicate nel cit. art. 13 non figura la partecipazione alle
 commissioni giudicatrici.
    D'altronde,  il  collocamento in aspettativa obbligatoria disposta
 dallo stesso art. 13 tende, con  chiara  evidenza,  a  consentire  al
 docente  il  pieno  adempimento  dei  compiti  relativi  all'incarico
 extrauniversitario e ad evitare che, per  l'onerosita'  dell'impegno,
 si     producano     riflessi    negativi    sul    buon    andamento
 dell'amministrazione universitaria.
    L'esclusione dall'elettorato passivo trova dunque  conferma  anche
 in  ragioni  di  intrinseca coerenza con la ratio legis, atteso che i
 lavori  delle   commissioni   giudicatrici   sono,   per   durata   e
 complessita', particolarmente gravosi.
    Significativo  e'  poi  che  l'art.  5  della  successiva  legge 9
 dicembre 1985, n. 705, abbia previsto che i  professori  universitari
 in aspettativa obbligatoria "mantengono il solo elettorato attivo .."
 ,  cosi'  avvalorando le anzidette considerazioni, dal momento che il
 termine "mantengono" si  riferisce,  come  e'  stato  rilevato  dalla
 giurisprudenza dianzi citata, non gia' alla disciplina precedente, ma
 alla  posizione del docente, che pur collocato in spettativa conserva
 il diritto di voto.
    Cosi' accertata, con l'impiego delle consuete regole  ermeneutiche
 ed   in  conformita'  ad  una  giurisprudenza  concorde,  la  portata
 dell'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382/1980,
 ne consegue che l'art. 1  della  legge  n.  341/1988  ha  in  realta'
 innovato, contrariamente a quanto si evince dal titolo, la disciplina
 previgente.
    Di  cio'  era  consapevole  il  relatore,  senatore  De Rosa, che,
 nell'illustrare il disegno di legge, ebbe ad affermare che l'art.  13
 del  decreto del Presidente della Repubblica n. 382/1980 "non prevede
 la conservazione da parte  dei  professori  predetti  dell'elettorato
 attivo  e  passivo  ai  fini  della  formazione  delle commissioni di
 concorso" (atti della commissione istruzione del Senato,  seduta  del
 28 aprile 1988, pag. 26).
    Orbene,  la  Corte  costituzionale di recente, pur riaffermando in
 linea di principio l'ammissibilita' delle leggi interpretative, ne ha
 censurato l'utilizzazione ove siano dirette non a  dichiarare,  ma  a
 modificare   il   significato   della   norma  "interpretata"  (Corte
 costituzionale 4 aprile 1990, n. 155).
    La stessa distorsione della funzione  tipica  dell'interpretazione
 autentica si verifica, per quanto si e' osservato, nel caso in esame,
 donde il sospetto della violazione dell'art. 3 della Costituzione per
 vizio di razionalita'.
    Si  aggiunga che nella fattispecie l'intervento del legislatore si
 inserisce in un contesto caratterizzato dal  fatto  che  "sono  stati
 presentati  .. da parte di candidati non vincitori, ed in alcuni casi
 gia'  accolti  in  primo  grado,  numerosi  ricorsi  che   sostengono
 l'illegittimita'    dell'operato   del   Ministero   della   pubblica
 istruzione" (Relazione al Senato sul  disegno  di  legge  n.  795,  X
 legislatura).
    Sicche'  e'  evidente  l'intervento  di interferire sui giudizi in
 corso, vincolandone  la  definizione  in  senso  contrario  a  quello
 prevedibile,  tenuto conto dell'indirizzo del giudice di primo grado,
 confermato, prima dall'approvazione  della  legge  dal  Consiglio  di
 Stato (Cit. sezione sesta, 10 febbraio 1988, n. 178).
    Da  qui  nascono  ulteriori  ragioni  di  dubbio  sul  piano della
 costituzionalita', con riguardo all'art. 24, che garantisce la tutela
 giurisdizionale dei diritti e degli interessi  legittimi  e  sancisce
 l'inviolabilita' del diritto di difesa; dell'art. 102, che riserva ai
 magistrati  l'esercizio  della  funzione giurisdizionale; degli artt.
 104, primo comma, e 108, secondo comma, che assicurano l'indipendenza
 della magistratura.
    E', infine, da rilevare che l'art. 1 della legge n.  341/1988  in-
 troduce   una   nuova  disciplina  in  materia  di  formazione  delle
 commissioni    giudicatrici    con    effetto    retroattivo,     pur
 indipendentemente    dalla    qualificazione    della    norma   come
 interpretazione autentica, dovendosi ritenere che i provvedimenti  di
 nomina  avviati  prima  dell'entrata in vigore della legge 9 dicembre
 1985, n. 705, fossero nel frattempo tutti pervenuti a conclusione.
    La   Corte   costituzionale   ha   ripetutamente   affermato   che
 l'irretroattivita', stabilita dalla Costituzione per le leggi penali,
 costituisce  pur  sempre  un  principio  generale dell'ordinamento al
 quale,  salza  la  presenza  di  una  oggettiva  giustificazione,  il
 legislatore  deve  attenersi  (da  ultimo  Corte  costituzionale,  n.
 155/1990).
    Una volta esclusa la validita' dei  presupposti  e  delle  ragioni
 desumibili  dai  lavori  preparatori,  non si rinvengono nella specie
 elementi idonei a dare razionale fondamento alla retroattivita' della
 previsione, tanto piu' che  essa  non  si  inquadra  in  un  generale
 ripensamento  del  legislatore,  ma,  con  riferimento  ad un periodo
 pregresso e limitato, apporta una deroga alla disciplina vigente alla
 data della sua adozione e tuttora in vigore.
    Anche sotto questo profilo sussiste il dubbio di contrasto con  il
 principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    Per le considerazioni esposte le delineate questioni vanno rimesse
 alla  Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio, con riserva
 di  ogni   ulteriore   statuizione,   all'esito   della   risoluzione
 dell'incidente di costituzionalita'.